15 settembre 2006
È morta Oriana Fallaci
R.B.
«Ho sempre amato la vita.
Chi ama la vita non riesce mai ad adeguarsi». Amata o odiata. Oriana Fallaci era una donna senza vie di mezzo. O bianco. O nero. Senza compromessi. Senza sfumature. Giornalista e scrittrice aveva due patrie e due città, Firenze e New York dove da tempo viveva nell'Upper East Side di Manhattan. Da qualche giorno, nel più stetto riserbo, era ricoverata in un ospedale fiorentino. Da anni lottava contro il cancro che chiamava «l’alieno». È morta nella notte. Aveva 77 anni.
Oriana Fallaci era nata a Firenze il 29 giugno del 1929. Figlia di un liberale contrario al potere mussoliniano, aveva dieci anni quando l’Italia decise di entrare attivamente nella seconda guerra mondiale. Poco più che bambina, si unì al padre Edoardo nel movimento clandestino di resistenza, divenne membro del corpo dei volontari per la libertà contro il nazismo. L’esercito italiano le diede un riconoscimento d’onore per il suo attivismo nella resistenza. Nel 1945, alla fine della guerra, Oriana aveva già deciso di diventare una scrittrice. Iniziò giovanissima la carriera giornalistica, lavorando come inviata speciale e in seguito come corrispondente di guerra per L’Europeo: dal 1967 in Vietnam, poi nella guerra Indo-Pakistana, in Sud America, in Medio Oriente. Il 2 ottobre 1968, durante una manifestazione di protesta contro i Giochi Olimpici a Città del Messico, rimase ferita negli scontri tra manifestanti e polizia. Creduta morta, fu portata in obitorio e solo in quel momento un prete si accorse che respirava ancora.
Dopo aver seguito come corrispondente di guerra alcuni tra i più importanti conflitti del secolo scorso, dal Vietnam al Medio Oriente, la Fallaci si è dedicata prevalentemente all’attività di scrittrice.
A quest’attività di reporter hanno fatto seguito le interviste a importanti personalità della politica, le analisi dei fatti principali della cronaca e dei temi contemporanei più rilevanti. Tra i personaggi intervistati dalla Fallaci: Nguyen Cao Ky, Yasser Arafat, Mohammad Reza Pahlavi, Henry Kissinger, Walter Cronkite, Indira Gandhi, Golda Meir, Nguyen Van Thieu, Zulfikar Ali Bhutto, Willy Brandt, l’Ayatollah Khomeini, e Muammar Gheddafi. Consegnandole la laurea ad honorem in letteratura, il rettore del Columbia College di Chicago la definì uno degli autori più letti ed amati del mondo. Ha scritto e collaborato per numerosi giornali e periodici, tra cui: New Republic, New York Times Magazine, Life, Le Nouvelle Observateur, The Washington Post, Look, Der Stern, Panorama e Corriere della sera
I suoi ultimi libri pubblicati dopo l’11 settembre («La rabbia e l’orgoglio», 2001, e «La forza della ragione» 2004) avevano diviso l’opinione pubblica. La scrittrice aveva preso delle forti posizioni in difesa della cultura occidentale, in netta contrapposizione al fondamentalismo islamico. Sempre in tempi recenti, si era schierata contro l’eutanasia nel caso di Terri Schiavo.
Laica e laicista, negli ultimi tempi si era avvicinata alla Chiesa cattolica. Pubblicamente aveva espresso la sua ammirazione per papa Benedetto XVI, che l’aveva ricevuta a Castel Gandolfo in udienza privata. Tra i suoi libri spiccano «Un uomo» (1979) dedicato a Alekos Panagulis, poeta e martire e suo compagno, e «Lettere a un bambino mai nato» (1975) scritto dopo la perdita di un figlio. Libri contro la morte, sempre e comunque.
Il link con la fonte della notzia tratta da "Il sole 24 ore":
www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=21.0.2036269751&chId=30&artType=Articolo&DocRulesVie...
[Modificato da Charlie Spencer 15/09/2006 17.24]