«A QUALCUNO PIACE GIALLO». Al Sancarlino rivela: «Mi chiesero di fare Rambo prima di Stallone. C’era troppa violenza, ho rifiutato»
Terence Hill: «Resto sempre Trinità»
Come Zingaretti ha deciso di lasciare e annuncia: «Don Matteo partirà per il Brasile»
«Bud Spencer? Resta un caro amico
non lavoreremo più insieme
ma abbiamo lasciato una traccia»
Poi anticipa, per la gioia della platea
«finalmente il capitano si sposerà»
di Nino Dolfo
Da Trinità a Don Matteo, passando per il remake di Don Camillo: c’è un filo rosso sacro nella carriera di Terence Hill, il cui carisma stra-cult ieri sera ha messo a dura prova la capienza del Sancarlino, con molti bambini seduti per terra, venuti per vedere da vicino il loro popolare idolo. Dopo le scazzottature epiche, le gag da comica finale degli spaghetti western, in cui Terence Hill era il cow-boy pigro (con la sua bella faccia da schiaffi) sdraiato su una sorta di piccola e rudimentale lettiga fissata alla sella del cavallo, un pistolero che sapeva usare meglio le mani tout court, noto in tutto il West come «La Mano Destra del Diavolo» e decisamente poco attento all'igiene personale, visto che indossava sempre gli stessi vestiti stracciati da una vita, in questi ultimi anni l’attore ha trovato una seconda vita artistica con il personaggio di Don Matteo, un «detective al servizio di Dio», nell’omonima serie televisiva che ormai è arrivata alla quinta serie. Tenitura lunga, in auge dal 2001, ma inalterato il successo, visto che recentemente ha sgominato in prima serata anche il Grande Fratello.
Intervistato da Lilia Gentili, giornalista dell’Aga, Terence Hill ha ripercorso biografia e fortuna su grande e piccolo schermo. All’anagrafe fa Mario Girotti. Nato da madre tedesca, ha trascorso l'infanzia in Sassonia a Dresda. Giovanissimo, viene notato per puro caso, durante un incontro di nuoto, dal regista italiano Dino Risi che lo scrittura per «Vacanze con il gangster» (1951). Da quel momento comincia a recitare per mantenersi agli studi. Ma dopo tre anni di lettere classiche all'Università di Roma, decide di dedicarsi completamente al cinema. È il 1963: Luchino Visconti lo vuole come comparsa ne «Il Gattopardo». Qualche anno dopo inizia l’avventura negli spaghetti-western di Coalizzi e Barboni, dove la comicità si sostituisce alla violenza ed i cattivi, eccezionali stunt-man, hanno sempre la peggio. Da trent'anni l’attore vive nel Massachussets, ma in Italia sono rimasti il cuore e il lavoro. «Amavo il Padre Brown di Chesterton e avevo proposto a Mediaset la figura di un prete che opera in una compagnia di paracadutisti. Non se ne fece nulla, perché mi dissero che la Rai aveva in cantiere una serie incentrata su un prete. Qualche tempo dopo, la Rai mi chiamò. Loro avevano in mente una fiction che doveva intitolarsi "Il diavolo e l’acqua santa", mentre il prete si chiamava don Teodoro. Su quel nome ho fatto eccezione. Da giovane, soffrivo il set, mi veniva sempre la febbre alta quando dovevo girare delle scene… Penso che il successo di don Matteo sia dovuto al fatto che in un mondo caotico come il nostro lui, con il suo abito talare che è l’equivalente di una divisa, rappresenta l’ordine di cui abbiamo bisogno. La sua cifra distintiva è l’intuizione. Conosce l’animo umano meglio di un poliziotto: è per questo che arriva prima degli altri a risolvere i casi. Il personaggio me lo sono costruito addosso. È un uomo come tanti altri, comprensivo, nella sua bocca non risuona mai la parola peccato. Nelle prime serie sono rimasto fedele alla serietà del personaggio, ora ci ho aggiunto un po’ della ironia di Trinità…Voglio comunque che il pubblico si identifichi con don Matteo e così si dimentichi dell’attore che lo interpreta».
Recentemente in Umbria, ad Umbertine, vicino a Gubbio, dove si gira la serie, un carabiniere è rimasto veramente ucciso in un conflitto a fuoco. Un lacerante stridore tra realtà e fiction: «Ci siamo resi conto con dolore e ancora di più - ha commentato Terence Hill - cosa significa fare il carabiniere, un mestiere per cui si può anche morire».
Nessuna nostalgia per gli spaghetti-western: «Bud Spencer è un caro amico che rimane tale. Non faremo altri film insieme. Abbiamo lasciato una traccia nel cinema italiano, meglio lasciare il ricordo». Rivelazioni per quanto riguarda le prossime puntate di Don Matteo: «Finalmente il capitano si sposerà». Un sospiro di sollievo in sala. C’è anche una sorpresa che forse fa storcere il naso ai fan: «Don Matteo parte per il Brasile. Abbiamo pensato a questa soluzione, perché vogliamo rinnovare il personaggio. Ha ragione Zingaretti, che ha annunciato di abbandonare Montalbano: meglio lasciare in salita che in discesa».
«Avrei potuto essere io Rambo invece di Stallone - ha concluso Terence Hill -. Mi avevano offerto la parte dopo "Il mio nome è Nessuno". Avevo letto il libro da cui è stato tratto il copione, ero tentato, ma il personaggio era troppo violento. Meglio così col senno di poi, perché se fossi stato Rambo, giammai avrei potuto essere Don Matteo».